Il movimento di Resistenza in Italia

Quando l'8 settembre 1943 fu ratificato l'armistizio, l'esercito italiano fu colto di sorpresa e lasciato allo sbando a causa della fuga del re e dei generali, mentre i tedeschi occupavano le zone del Paese non ancora liberate dagli Alleati.

La Resistenza si sviluppò progressivamente nei territori occupati dai tedeschi e amministrati dalla Repubblica Sociale Italiana, a capo della quale fu richiamato Mussolini. I primi partigiani furono i militari sbandati dopo l’armistizio, che riuscirono a sfuggire alla cattura e all’internamento nei lager. A questi primi gruppi si unirono i giovani che rifiutarono di aderire alle forze armate fasciste. La guida politica della Resistenza fu assunta dal CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) in cui erano rappresentate tutte le forze politiche antifasciste. Le formazioni militari partigiane aumentarono di forza ed efficienza, nonostante la repressione feroce di tedeschi e fascisti che non esitarono a colpire la popolazione civile per impedire che fornisse appoggio ai resistenti. Furono compiute ovunque stragi per rappresaglia (Fosse Ardeatine, Monte Sole, S. Anna Stazzema, etc.) con oltre 14.000 vittime. Tuttavia, questo non impedì la costruzione di un forte rapporto fra popolazioni e combattenti. In particolare, un ruolo molto importante fu ricoperto dalle donne, attive non solo come combattenti ma anche per ciò che riguarda assistenza, aiuto e trasmissione di informazioni. L’appoggio degli alleati e delle popolazioni consentì il diffondersi della Resistenza non solo nelle zone di montagna ma anche nelle città e in pianura.

La Resistenza raccolse combattenti di ogni indirizzo politico, anche se la presenza comunista fu molto forte (nelle Brigate “Garibaldi”), ma si costituirono Brigate combattenti anche cattoliche (“Fiamme Verdi”), socialiste (“Matteotti”) e liberal-socialiste (“Giustizia e libertà”). L’avanzata delle truppe alleate si fermò nell’autunno 1944 sulla Linea Gotica sugli Appennini e questo costrinse le formazioni partigiane a trascorrere un inverno molto difficile in attesa della ripresa dell’offensiva. In aprile, infine, le unità partigiane furono le prime a liberare le più importanti città del Nord Italia, istituendo amministrazioni democratiche.

Al termine della guerra furono riconosciuti oltre 185.000 partigiani combattenti, di cui 35.000 donne.

Il movimento di Resistenza subì quasi 29.000 vittime, tra cui 683 donne.